Un giorno in barca a vela
La mia prima volta in barca a vela
Oggi ho un racconto per voi, la storia semplice, ma vera, dell’approccio alla vela e al mare da parte di un caro amico, a cui avevo chiesto tempo fa di raccontarmi qualcosa della sua passione, in previsione di scrivere questo blog, quando ancora non esisteva nemmeno questo sito ma era tutto in fase di creazione.
Ho voluto intitolarlo semplicemente così “Un giorno in Barca a vela”.
Ieri sera ho preso in mano un libro che non aprivo da un pò, senz’altro per pigrizia più che per stanchezza, un foglio piegato in quattro è caduto dalle pagine che all’improvviso, dopo tanto tempo, si aprivano (quasi ne fossero felici), ed è scivolato sul pavimento. Incuriosita l’ho aperto e … me ne ero completamente dimenticata!
Tempo fa, quando iniziavo a gettare le basi di questo sito e pensavo al blog, avevo chiesto ad un caro amico di raccontarmi qualcosa su come fosse nata in lui la passione per la barca a vela, per il mare, ed ecco il suo racconto:
La mia prima volta in barca a vela
Siamo usciti dal porto del centro nautico con una vecchia barca a vela Elan di 10 m. Si trattava di una barca pesante, lenta, talvolta in grado di perdonare eventuali errori di un equipaggio inesperto…
Abbiamo preso il mare verso le 10,30, dopo una prima lezione di teoria in aula, dove ho potuto conoscere il resto dell’equipaggio e la nostra istruttrice. Eravamo cinque novellini che si incontravano per la prima volta, senza alcuna esperienza “marinaresca” , di nazionalità miste.
L’istruttrice, una ragazza che sapeva il fatto suo, ci impartiva gli ordini in inglese, una volta saliti a bordo, prima di partire, ci ha mostrato come armare la barca. Finiti i preparativi nell’arco di una mezz’ora, abbiamo acceso il motore entrobordo, mollato le cime e, finalmente, siamo salpati. Era una bellissima giornata di sole e soffiava una leggera brezza marina.
Man mano che ci allontanavamo sempre di più dal porto, nell’attesa che arrivasse il momento di dispiegare le vele, l’istruttrice ci forniva indicazioni introduttive e conferiva a ciascuno di noi un ruolo: all’improvviso mi ritrovai prodiere, c’era poi un timoniere, una coppia di tailer e un drizzista. Ovviamente, nessuno di noi sapeva con certezza cosa comportasse il ruolo assegnatogli, lo avremmo scoperto man mano durante la navigazione.
Dopo circa venti minuti , l’istruttrice disse al timoniere di abbassare i giri del motore e di mettere la barca con la prua al vento: era arrivato il momento, dovevamo issare le vele. Non conoscendo ancora la logica e e la sequenza delle manovre che ci venivano indicate, con non poche difficoltà iniziammo a issare la Randa e dopo di questa il Genoa.
A vele issate arrivò l’ordine di spegnere il motore e di poggiare la barca e allora accadde il miracolo….le vele spostate sul lato sottovento iniziarono a riempirsi, a gonfiarsi d’aria, il motore era ormai muto, c’era solo il soffiare del vento, il rumore metallico di qualcosa che sbatteva contro l’albero, il suono delle onde che dolcemente sollevavano e abbassavano la barca e i gabbiani.
Mi sentii a casa…
Marco (Architetto e Velista)
Sono lieta di avere ritrovato queste righe, rileggendole mi sono in parte immedesimata, socchiudendo gli occhi mi è sembrato di sentirlo il soffio del vento e il fruscio delle vele e delle onde, siamo appassionati entrambi di vela anche se in modo diverso, lui con le vele naviga io invece, come sapete, le cucio e le trasformo!